Censura, commercio e privilegi librari a Roma
Il caso di Alessandro Prestino (1596)
Synopsis
Sotto la spinta politica e spirituale del Concilio di Trento, la Chiesa cattolica promosse un sistematico programma di riforma della liturgia come parte del più ampio moto di riassetto dottrinale e di perfezionamento dell’ufficio pastorale. L’implementazione della riforma liturgica passava necessariamente per la filiera integrata dell’industria tipografica e per il suo mercato. A supporto di entrambi vi erano alcuni istituti giuridici, il più importante dei quali era il privilegio librario, forma normativa da cui, in diverso contesto e in altri tempi, si generò il moderno copyright. Fra i capi di Stato con facoltà di emettere un privilegio di stampa vi era il pontefice, le cui grazie tracimavano i confini delle giurisdizioni statali. Questo rendeva i suoi privilegi validi per l’intera ecumene cattolica. Il privilegio papale aveva pertanto un ruolo apicale all’interno del mercato librario, specie se applicato a un bene di valore come il libro liturgico riformato. La concessione di un privilegio universale poteva fare la fortuna di alcuni beneficiari e causare la rovina degli esclusi generando, perciò, conflitti fra privati che potevano coinvolgere gli Stati. Ne è un esempio il privilegio trentennale che venne concesso da Clemente VIII a Leonardo Parasole e compagni nel 1596 per la stampa del Pontificale Romanum. Esso divenne crocevia di trame politiche, contese commerciali e tensioni diplomatiche, culminando inaspettatamente in un caso criminale che procurò scandalo ed echi prolungati.
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