Le mafie nell'era digitale
Focus TikTok
Synopsis
La ricerca Le mafie nell’era digitale - Focus TikTok affronta la diffusione, nei contesti digitali, di rappresentazioni che veicolano, rielaborano e reinterpretano l’immaginario mafioso attraverso forme partecipative, virali e transnazionali. Grazie a un’indagine qualitativa estesa, durata 18 mesi, sono stati osservati e analizzati centinaia di profili e video e sono state costruite mappature delle narrazioni, dei codici visivi e degli hashtag che strutturano l’estetica mafiosa online. L’obiettivo, oltre alla descrizione del fenomeno, è stato quello di cogliere le logiche profonde con cui la cultura mafiosa viene trasmessa, spettacolarizzata o normalizzata nei linguaggi digitali contemporanei. Attraverso un approccio netnografico rigoroso e immersivo, lo studio restituisce un quadro utile a comprendere come proprio la piattaforma di TikTok possa diventare terreno di costruzione simbolica – e quindi, potenzialmente, anche di contrasto – di tali narrazioni. L’approccio di ricerca ha consentito dunque di ricostruire la trama della cultura mafiofila nel digitale, degli orizzonti di significato a essa correlati e delle pratiche che si instaurano fra attori e simpatizzanti dello stile di vita mafioso. Con la digitalizzazione, le mafie abbandonano il tradizionale silenzio comunicativo e le strategie di sottrazione (tipici della modalità comunicativa dei pizzini), per adottare strategie additive e visibili sui social. La comunicazione non è più mediata da sceneggiatori o giornalisti, ma viene auto-narrata dai protagonisti. In questo contesto TikTok diventa il luogo di spettacolarizzazione dell’identità mafiosa, dove i contenuti prodotti dagli utenti riflettono pratiche, valori e codici culturali mafiosi in modo diretto e privo di filtri. Si afferma così una vera e propria “mafiosfera”: un ecosistema narrativo, estetico e comportamentale in cui elementi associati alla cultura mafiosa vengono rappresentati, imitati, resi virali, talvolta ironizzati, ma spesso anche legittimati o banalizzati.
Questi contenuti non appaiono necessariamente come apologia diretta del crimine: al contrario, spesso sono veicolati in modo ambiguo, ibridando la figura del “mafioso” con quella dell’influencer, dello street hero o del personaggio di successo. Ciò rende più difficile intercettarli e classificarli, ma proprio per questo è fondamentale comprenderne le logiche.
L’analisi restituisce un quadro inequivocabile: su TikTok, la mafiosfera si manifesta come un vero e proprio linguaggio culturale autonomo, fatto di suoni, look, atteggiamenti, simboli, gesti. Tali codici vengono assorbiti da una community ampia, internazionale, spesso giovanile, che li rilancia senza la consapevolezza dei significati profondi che li sottendono. È in questo senso che la viralità può diventare veicolo inconsapevole di normalizzazione del crimine.
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